5 domande 5: Mariano Pauselli

5 domande 5: Mariano Pauselli

Mariano PauselliLa prima volta che ho incontrato coach Pauselli fu a Petrignano 8 anni fa, allora allenava la locale squadra femminile di serie C, l’ho ritrovato l’anno successivo alla guida di una squadra maschile. Da qualche anno è il responsabile tecnico del settore maschile della A.P.D. Monteluce con la gestione diretta della C. Cinquantaduenne è da 34 anni nel mondo della pallavolo umbra, gli rivolgiamo la nostra prima domanda. 

Mariano come ti sei avvicinato a questo sport?

Giocavo e l’anno che morì Renato Curi (durante una gara del massimo campionato di calcio. ndr) non mi rilasciarono il certificato medico per un piccolo problema cardiaco ed allora decisi di iniziare ad allenare.

E’ più facile gestire una squadra femminile o una squadra maschile?

Senza dubbio gestire una squadra maschile è più semplice in linea generale, ma molto dipende dal gruppo e dalle motivazioni di quel gruppo e soprattutto dalle persone che lo compongono.

I numeri in Umbria sembrano non concedere spazio al settore maschile in questo sport. Perchè insistere, ritieni ci siano buoni motivi per continuare?

Credo che proprio per questo bisogna continuare, i numeri dicono che in Umbria ci sono due squadre maschili in A1 ed una in A2 e quest’ultima probabilmente farà il grande salto, mentre non abbiamo alcuna squadra femminile nella massima serie. Situazione invertita in serie B dove ci sono solo due squadre maschili e per giunta in B2, mentre c’è una nutrita presenza di squadre femminili umbre tra B1 e B2. La presenza di squadre di punta, vedi il settore maschile, non è controbilanciata da squadre di medio livello ed anche il tasso tecnico nei campionati regionali é medio-bassa fatta eccezione per due-tre squadre. Nel settore femminile l’assenza di squadre nella massima serie dovrebbe favorire un buon livello qualitativo generale, ma così proprio non è. Se scendiamo nella disamina dei roster ci si accorge che solo alcune società hanno fatto scelte completamente nostrane nella loro composizione. Merita i miei elogi il Ponte Valleceppi che si è mossa su questa linea d’azione incoraggiando in tal modo l’evoluzione tecnica delle atlete umbre. Tornando ai numeri sicuramente un maschio in età pre-puberale ha una scelta sportiva vasta, il calcio, che la fa da padrone, basket, rugby ed anche pallanuoto, di conseguenza pochi sono quelli che si avvicinano al volley fino ai 12, 13 anni. Le cose cambiano più avanti ed ecco che i ragazzi si avvicinano a noi dopo altre esperienze sportive, con casi che arrivano ai 18-20 anni ed a quel punto è quasi nulla la possibilità di costruire giocatori di livello. Nel femminile gran parte delle bimbe giocano a pallavolo, ma vedo pochi allenatori in grado di far innamorare le ragazzine di questo sport. So di non rendermi popolare affermando ciò, così come mi rendo conto che Il modello può essere considerato utopistico. D’altronde non possiamo neanche pensare che a 14-16 anni le nostre figlie si comportino da professioniste, né imporre regolamenti, dobbiamo avere la forza di trasmettere passione. Quindi se riteniamo il livello qualitativo mediocre la colpa è di noi allenatori in generale, con responsabilità maggiori, visti i numeri, nel settore femminile. Ho avuto l’occasione questa estate di presenziare agli allenamenti della SIR Bastia ed il più delle volte ero solo o con colleghi già formati e con tanti anni di pallavolo alle spalle, non ho mai visto un giovane allenatore.

Hai incontrato generazioni diverse di giovani atleti. Pensi sia cambiato qualcosa nel loro atteggiamento verso lo sport o trovi sempre lo stesso entusiasmo e lo stesso spirito di sacrificio?

Come già detto lo spirito di sacrifico non può essere imposto, soprattutto a queste nuove generazioni, lo sport va fatto amare e solo quando riusciamo a farlo amare accetteranno ogni tipo di sacrifico. Se non lo amano, ma lo subiscono accade che arrivano in allenamento come fosse un appuntamento dall’estetista. Ogni ragazzo o ragazza ha una chiave nascosta che li fa aprire a noi ed amare lo sport, sta a noi trovarla, non possiamo aspettarci che ce la consegnino, sarebbe troppo comodo.

Vivai, organizzazione campionati e società sportive. Trovi ci sia assonanza tra queste componenti nella pallavolo umbra?

Assolutamente no. Anche in Umbria conta più l’apparire che l’essere, i campionati sono organizzati in modo da far sopravvivere un malato in agonia e non si cercano rimedi alla malattia. Eppure basterebbe imporre limiti di età ferrei, sia nel maschile che nel femminile, certamente per qualche anno il tasso tecnico si abbasserà, ma poi tornerà a crescere perché le società dovranno per forza investire sui giovani. Invece le società hanno fretta di arrivare, dove non sono mai riuscito a comprenderlo, fino ad oggi hanno preferito sborsare importi anche consistenti per una atleta piuttosto che avere pazienza e lavorare sul settore giovanile. I risultati, se poi aggiungiamo questi tempi di crisi economica, non sono stati esaltanti, abbiamo assistito anche all’implosione di società. Un bravo allenatore, indipendentemente dall’età anagrafica, deve seguire i settori giovanili, deve dimostrare le sue capacità tecniche e qualità umane riuscendo a far amare questo sport ai giovani.

Lasciamo mister Pauselli al suo lavoro in palestra, lo ringraziamo per la disponibilità e gli diamo il nostro grosso in bocca al lupo per la stagione sportiva in corso.